Sono passati cinque anni dalla morte di Black Mamba, per il mondo Kobe Bryant. E ancora oggi, fa strano anche solo scriverlo: il 26 gennaio del 2020, il cestista, rimane vittima di un grave incidente aereo su cui viaggiava insieme alla figlia Gianna di 13 anni.
Raccontare in breve la sua carriera sarebbe riduttivo, si potrebbero menzionare decine e decine di motivi che lo hanno reso eterno. Kobe è il “Jellybean” dei record, dei titoli vinti, l’icona dei Lakers e l’erede di Michael Jordan. Un esempio che incarna perfettamente la tenacia, e la costanza.
Ma dietro la vita di questo giocatore non vi sono solo basket, canestri, e trofei, ma prevede anche la nostra amata Italia. Sì, perché se il campione dell’NBA parlava molto bene la nostra lingua, era dovuto al fatto che avesse vissuto per alcuni anni nel Belpaese, in particolar modo a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia.
Dai 6 ai 13 anni il Bryant bambino segue il padre, cestista anche lui, con il resto della famiglia, in giro per la nazione. È qui che inizia a fare i primi tiri a canestro, giocando seriamente a mini basket.
I fine anni ottanta e gli inizi anni novanta sono quelli del Milan di Maldini, Gullit, Baresi, e da buon sportivo, il giovane Bryant, diventa anche un tifoso milanista incallito.
Tra salumi, carbonare, tortellini e focacce, il piccolo Kobe va all’allenamento con il papà, al Palaloniano. Lì, osserva, gioca, impara, palleggia e a poco a poco comincia a brillare di luce propria. Insomma, l’Italia era nel suo destino, esattamente come lo era diventare un vero campione.
Da ricordare, un aneddoto: nel 1989, a 11 anni, Kobe si sta allenando con la squadra giovanile di Reggio Emilia, ma durante l’allenamento si fa male al ginocchio, e si vede costretto a tornare negli spogliatoi. Quando i compagni lo raggiungono per consolarlo, trovano Kobe in lacrime, arrabbiato e urla che questo infortunio gli precluderà la carriera nella NBA; perché per lui, il futuro, era già molto chiaro. Gli altri, insieme agli allenatori, ridono, lo prendono in giro, credendolo una sorta di mitomane.
Ma, sappiamo bene, che quelle risate avrebbero avuto breve corso, e sarebbero state zittite dagli eventi. Infatti, sette anni dopo, nel 1996, Bryant farà il suo debutto nell’NBA, con la maglia dei Los Angeles Lakers.
Black Mamba ha sempre avuto un fortissimo legame con la nostra terra, talmente forte da trasmettere un po’ di “italianità” anche alle figlie, chiamandole: Natalia Diamante, Bianka Bella, Capri Kobe e Gianna Maria-Onore.
Insomma, è proprio il caso di scriverlo, l’eternità del numero 24 in giallo e viola, sarà inscalfibile ed avrà per sempre un po’ di tricolore.
Annamaria Martinisi