Non è solo una voce che fa esplodere la folla, né solo un ritmo che scuote le pareti; Rose Villain trasforma il suo concerto in un’esperienza che va ben oltre la musica, un viaggio nel suo mondo di ombre e risalite che si intreccia con le storie di chi l’ascolta.
Sul palco della Casa della Musica di Napoli, Rose ha portato non solo la sua discografia, ma anche un pezzo di sé stessa – quella parte vulnerabile, mai addomesticata, che si riflette in ogni nota e riga che canta. Il suo live si è rivelato un incontro intimo e insieme corale, capace di smuovere e toccare chiunque tra il pubblico.
La serata si apre con l’esplosiva “Hattori Hanzo”, una dichiarazione cruda di intenti, un inizio che lascia il segno come il taglio netto di una lama. La Villain ci invita, senza mezze misure, a entrare nelle sue ombre e nelle sue lotte. È come se volesse dire: “Questa sono io, con i miei dolori e le mie rivalse.” La sua voce è un ponte tra mondi e sensibilità, e il pubblico si trova, sin dalla prima nota, immerso in una realtà dove forza e fragilità si incontrano senza pudore.
In “Io, me ed altri guai” Rose abbraccia le sue cicatrici e lo fa con una tale empatia che sembra riuscire a dar voce anche a chi, magari, non ha mai trovato il coraggio di raccontare la propria battaglia. Il brano è un inno alla libertà di essere ciò che si è, un messaggio che vibra nelle fondamenta della sala e che sembra sollevare chiunque abbia mai vissuto l’insicurezza di non sentirsi all’altezza.
La scaletta è costruita con cura, e ogni pezzo è un capitolo in un viaggio che alterna momenti potenti e confessioni intime. Su “Trasparente” Rose canta della paura di essere invisibili, del peso di esistere senza essere notati in un mondo frenetico, ma non lascia mai il pubblico nel buio: il grido “nessuno mi vede” si trasforma in un inno alla resistenza personale. È un messaggio di riscatto che arriva dritto al cuore: il suo “anche se non mi ami, mi amo da sola” è un invito a ritrovare il proprio valore, anche quando sembra che nessun altro lo faccia.
La magia della serata cresce quando si accende la chimica con gli ospiti sul palco. Con Geolier, sulle note di “Fantasmi,” si crea una sintonia perfetta, e il pubblico napoletano esplode in un boato che è insieme sostegno e connessione. Poi arriva “Brutti pensieri,” che Rose ha costruito con thasup: qui affronta la salute mentale con una trasparenza disarmante, andando oltre i tabù e mostrando che dietro ogni pensiero oscuro c’è comunque un margine di speranza. La canzone si fa voce di chi lotta contro sé stesso, ma non smette di credere che una via d’uscita ci sia sempre.
Quando “Click Boom” echeggia nella sala, è un misto di malinconia e forza. Rose canta: “E non ho mai avuto paura del buio / ma di svegliarmi con accanto qualcuno / per me l’amore è come un proiettile…” e, all’improvviso, la durezza si spezza. La sua voce è colma di vulnerabilità, e il pubblico sente il peso e la bellezza di questo dualismo, come se ogni spettatore potesse intravedere un frammento di sé in quella malinconia potente, in quella ricerca di appartenenza.
Rose Villain non è sola sul palco: i suoi musicisti – Giovanni Cilio alla batteria, Andrea Dominoni al basso e Andrea Gamba a chitarra e synth – rendono questa esperienza una vera sinfonia emotiva. Ognuno dei loro strumenti contribuisce a tessere l’atmosfera, oscillando tra i beat taglienti e le melodie più delicate che danno voce all’anima profonda e ribelle di Rose.
La serata si conclude con una scarica di adrenalina, grazie all’apparizione di Yung Snapp e MV Killa. Sul brano “Travesuras” si scatena un’energia collettiva che abbraccia palco e pubblico in un’esplosione di entusiasmo puro, come se tutti, per un istante, potessero liberarsi delle loro paure e abbandonarsi a un istante di gioia condivisa.
Quello di Rose Villain è stato molto più di un concerto, una celebrazione della forza nascosta nelle fragilità, della libertà di essere autentici. Ha portato sul palco un pezzo di sé e lo ha regalato al pubblico, creando un legame che andava oltre la musica, raggiungendo chiunque fosse lì per ascoltare, per sentire.