“Smartphone-face”, un’espressione che indica la sensazione di alienazione, estraneazione, e non appartenenza di un attore/attrice in una specifica finzione storica di un film.
Oggigiorno è aumentata in modo verticale la presenza di volti estremamente moderni in film storici, creando una disconnessione, una dissonanza quasi invalidante ai fini di una vera e propria credibilità cinematografica.
Un esempio lampante che dimostra la veridicità del fenomeno risale al 2019 quando un utente Twitter disse che Timothée Chalamet, insieme a Lily Rose-Depp erano un casting sbagliato per il film (storico) The King, ambientato nel Medioevo, proprio per le loro “smartphone-face”.
La questione fu ripresa anche in un secondo momento, grazie al successo della commedia The Holdovers e l’ascesa del giovane Dominic Sessa che ha calamitato l’attenzione del pubblico proprio per essere sembrato “davvero un volto uscito dal 1972”. L’intero cast del film, (che ha ricevuto un premio ai BAFTA), è considerato come l’antitesi del fenomeno del “smartphone-face”, ovvero del viso troppo moderno.
Ma cosa significa “troppo moderno”?
Pare che sia un concetto che riguardi innanzitutto il make up esageramene curato, denti bianchissimi e perfetti, acconciature lontanissime rispetto ai canoni di stile di una precisa epoca; ed ancora tracce di filler e chirurgia plastica sovrabbondanti e sopracciglia troppo fini e perfette.
Se vogliamo essere ancora più precisi, in alcuni casi il fenomeno dello “smartphone-face” può essere influenzato anche dall’altezza e dall’impatto fisico; attori come Jacob Elordi sono riusciti ad interrompere quella convenzione che voleva tutti gli artisti di un’altezza media nel cast dello stesso film. Per Priscilla di Sofia Coppola, Belordi nei panni di Elvis, ha richiesto un riadattamento dell’intero set (Elordi superava Elvis in altezza di 14cm).
Lo “smartphone-face” rappresenta davvero un problema rilevante per il mondo del cinema e dell’industria cinematografica, che si vedono costretti a sovvertire i canoni estetici e storici per l’esigenza quasi claustrofobica di un realismo distorto, disfunzionale e dove di realtà ve ne ben poca. Una realtà che va a braccetto con il mondo online, dove i i connotati idealizzati e gli stereotipi fisici dipendono da feed e algoritmi.
Tutto questo determina un rischio molto alto per i registi e gli stessi attori, costretti ad inseguire un modello concettuale di “raffigurazione realistica”, che ahinoi, è mal riposta e soprattutto respinta dall’uso e costume odierno, facendo apparire alcune star totalmente inesatte, inadatte al ruolo che devono ricoprire.
Dove sta il giusto? Cosa dovrebbe essere sacrificato: la coerenza e la credibilità estetica di un preciso filone storico cinematografico, o la risposta positiva da parte del pubblico in sala?
E soprattutto, saremmo davvero pronti a vedere sul grande schermo Ariana Grande o Timothèe Chalamet sporchi, rivestiti di stracci e senza denti?