Quella di Maryl Streep è una carriera ineguagliabile. Tre Oscar, 21 nomination, protagonista del cinema mondiale da oltre 50 anni. Tutti in piedi al Grand Theatre Lumiere per la consegna della Palma d’Oro onoraria nella 77esima edizione del Festival di Cannes.
A consegnargliela una commossa Juliette Binoche, e non poteva essere altrimenti al cospetto dell’icona vivente. Occhi lucidi in sala dopo gli spezzoni dei suoi film più amati come il “Cacciatore”, “Kramer contro Kramer”, “Mamma Mia!”, “I Ponti di Madison County” e così via…
«Don’t give up», ha esordito nella masterclass che ha tenuto il giorno dopo riferendosi al MeeTo in una edizione a forti tinte rosa a partire dalla presidente di giuria Greta Gerwig. «Non arrendiamoci. I tempi sono un po’ cambiati, una strada per l’uguaglianza è tratta e non certo solo nel cinema. Le lavoratrici, dirigenti o operaie, hanno più rispetto, hanno più solidarietà sulla piaga degli abusi e le paghe non sono uguali ancora, ma rispetto ad anni fa ci sono obiettivamente dei passi avanti. Anche nel cinema: Tom Cruise, credo sia lui, ha il salario più alto, ma tante donne ormai sono star e nell’industria le dirigenti donne stanno facendo la differenza, incidono sui progetti da realizzare, come produttrici oltre che registe».
«Il cinema, i film sono una proiezione dei sogni delle persone, prima della nuova era di donne negli studios era difficile per gli uomini immaginare un film al femminile. Non ne faccio una questione solo di soldi, di salario, ma una cosa personale. Noi donne riusciamo a vedere un film, ad esempio Il Cacciatore, immedesimandoci in un uomo, esempio John Savage, ma il contrario non accade mai, difficile che un uomo si identifichi».
Madre di quattro figli e nonna di cinque nipoti ha dichiarato la sua stima per attrici entrate nella produzione come Natalie Portman, Reese Whiterspoon, Nicole Kidman: «Sono così ammirata da loro. Anche io ho una società, ho prodotto bambini».
Tra i momenti iconici del suo percorso fatto di oltre 100 film ne ha sfilato uno con Robert Redford in La mia Africa di Sidney Pollack. «Mi massaggiò i capelli bagnandoli nel fiume in un modo così sensuale che posso definirla una scena di sesso tanto fu intima, emozionante. Non c’era del sesso ovviamente, ma toccò la mia testa in un modo che mi fece innamorare. E pensare che il primo shampoo era stato un disastro, quasi aveva paura di mettere i suoi polpastrelli sulla mia testa».
Che chi le chiede di un terzo sequel di Mamma Mia!, «il mio film blockbuster e pure in tarda età». Poi si passa ai Ponti di Madison County, “adoro Clint Eastwood, riprese in cinque settimane, si girava alle cinque di mattina così poi andava al golf». Ma se proprio dovesse scegliere il regista perfetto, si rifugia citanto Steven Spielberg, «un genio che ha già chiaro tutto il movimento, il complesso dell’opera, un buon regista è quello che ti dà fiducia, che è lì con te e ti rende felice per quello che stai facendo».