“Attore, attivista, ambientalista appassionato e sostenitore delle arti. Il suo impegno incrollabile nella protezione del nostro pianeta e nell’ispirare il cambiamento era pari al suo immenso talento. Il suo impatto durerà per le generazioni a venire”.
Leonardo DiCaprio ha voluto ricordare così Robert Redford nel giorno della sua scomparsa, dandoci la dimensione di un uomo che oltre al set era molto impegnato in politica.
E vien naturale in un giorno così triste, rifugiarsi nei suoi film per omaggiarlo, per rinfrescarci gli occhi e il cuore della sua bellezza, del suo garbo, della sua passione come attore e come regista.
Restano immortali le immagini come il vento nel deserto in “Butch Cassidy”, l’inganno perfetto della “Stangata”, l’urgenza storica di “Tutti gli uomini del Presidente”, il dolore domestico in “Gente comune”, il Kenya struggente di “La mia Africa”.
E resta il messaggio: che anche Hollywood può essere luogo di riflessione, che il tempo dell’attore non è solo vanità ma occasione. Per noi resta da guardare ancora, rivedere, ricordare, scegliendo 5 pietre miliari.
1. Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969)
Un doppio colpo. Prima, la bellezza selvaggia del western; poi, la leggerezza ironica che trasforma due fuorilegge in gente che sogna. Butch Cassidy segnò il pieno affermarsi di Redford come protagonista: non solo muscoli e fascino, ma charme e intelligenza. Accanto a Paul Newman, incarna il Kid Sundance con uno sguardo limpido, fatto di onde bionde e tensione morale. È il film che dà il nome al festival che avrebbe fondato: Sundance. Un’eredità già nel titolo, un segno che la leggenda comincia qui.
2. The Sting – La stangata (1973)
In The Sting, Redford ritrova Newman, ritrova il regista George Roy Hill, e costruisce un capolavoro di astuzia: un film dove l’inganno non è solo trama ma poesia del charlatanismo, dove il gioco fra vittima e truffatore diventa danza. Vinse sette premi Oscar, incluso quello al miglior film. Redford è al centro, ma non sovrasta: è parte di una squadra che orchestra una sinfonia di inganni. Un capolavoro che insegna: riuscire a divertire senza svendere l’intelligenza.
3. All the President’s Men – Tutti gli uomini del Presidente (1976)
Redford veste i panni dell’inviato Bob Woodward: è giornalismo, è tensione politica, è la democrazia che fatica a farsi sentire. In questo film di Alan J. Pakula, Redford non è solo attore, è anche voce — quella di un’inchiesta che scuote l’intero sistema. È forse il film che più di ogni altro mostra quanto Redford tenesse al peso del racconto, alla verità che la finzione può evocare.
4. Ordinary People – Gente comune (1980)
L’esordio da regista di Redford, e già un salto oltre il divismo: qui non c’è scena da cowboy, nessuna rapina da pianificare, ma un dramma interiore, famigliare, sussurrato. È il dolore che si frantuma, la colpa che non si vede, la speranza che non si può concedere. Ordinary People gli vale l’Oscar alla regia. Non è solo “il film di Redford regista”: è la conferma che era un autore, un uomo capace di osservare da dentro la fragilità, senza pietà ma senza disprezzo.
5. Out of Africa – La mia Africa (1985)
Con Sydney Pollack alla regia e Meryl Streep accanto, La mia Africa è il Redford romantico e malinconico, avvolto nei paesaggi dorati del Kenya coloniale. È un amore impossibile, narrato senza enfasi, tra libertà e destino. Il film vince sette Oscar, e Redford vi regala una delle sue interpretazioni più iconiche: il cacciatore avventuroso e saggio, simbolo di un mondo che sta per scomparire.
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