«Volevo mostrare tutta la parte del viaggio dei migranti che di solito non si conosce, cambiare l’angolazione, una sorta di controcampo, puntata dall’Africa verso l’Europa e raccontare in soggettiva l’esperienza di questi giovani con tutti i vari stati d’animo». Matteo Garrone è arrivato al Festival di Venezia con tutta la potenza di “Io Capitano” che ha ricevuto 12 minuti di applausi alla sua prima.
Una storia diversa da quella che leggiamo di solito, da un punto di vista totalmente inedito. «L’idea di partenza era raccontare una sorta di controcampo rispetto a quello che vediamo da decenni: barconi che arrivano nel Mediterraneo, a volte li salvano, altre no, c’è la conta dei morti, si parla di queste persone come numeri e si perde di vista quello che c’è dietro, le persone con i loro sogni e desideri».
Esordienti i protagonisti, i giovanissimi Seydou Sarr e Moustapha Fall, che raccontano il loro viaggio verso l’Europa tra le difficoltà del deserto, i pericoli del mare. «Volevo mettere la telecamera dall’altra parte, dall’Africa verso l’Europa e raccontare il loro punto di vista, cercare di dare forma visiva a quella parte di viaggio che spesso non si conosce o non si racconta. Il loro è un viaggio epico e un racconto di formazione allo stesso tempo, ho cercato di raccontare anche i loro stati d’animo, dall’euforia quando credono di essere a un passo dalla meta, ai momenti di disperazione».
L’accento è posto sulla migrazione giovanile. «Quella legata ai giovani, di cui si parla poco; il 70% degli africani sono giovani e tra loro c’è chi è disposto a rischiare la vita per cercare un mondo migliore, scappando spesso da una povertà anche dignitosa ma per coronare un sogno, come una professione. Questo per me è un tema che mette in luce una profonda ingiustizia: molti ragazzi africani si chiedono perché dei loro coetanei possono andare nei loro paesi liberamente, spesso parlando la loro lingua, e loro non possono fare ugualmente in Europa».
Un racconto che affonda le radici nel reale («Abbiamo potuto lavorare con dei ragazzi che hanno vissuto realmente quell’esperienza di viaggio, siamo rimasti fedeli il più possibile ai loro racconti»), ma che si spinge nel favolistico. «Il film si muove anche su un piano fantastico che mi rimanda a Pinocchio, ho trovato tantissime assonanze come tematiche anche nel racconto. Collodi si muove dal racconto di un burattino puro e ingenuo che tradendo il padre va nel paese dei balocchi e si trova in un mondo estremamente violento. Anche qui partono sapendo i pericoli ma con ingenuità e purezza».
Scritto dallo stesso Garrone con Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri, e prodotto da Archimede, Rai Cinema, Tarantula, Pathé Films, è nei cinema con 01 Distribuiton.