Annunciaziò, annunciaziò! Vi sveliamo un segreto e c’entra la sirena Partenope. Non è solo una leccornia, ma simbolo per eccellenza di Napoli, che nasce dal mare, e si rimpasta attraverso l’incontro tra il profumo delle spezie d’oriente, e il ricco sapore d’Occidente.
La Pastiera napoletana oltre ad esser buonissima, racchiude un antico racconto leggendario intriso di usanze e significato.
Tutto ha inizio con Partenope, alla quale si deve la nascita della città. Per ringraziarla di aver scelto come dimora il Golfo di Napoli, gli abitanti del posto, in segno di devozione, le offrirono sette doni: la farina (simbolo di ricchezza), i fiori d’arancio (profumo di terra campana), il grano nel latte (simbolo della fusione del regno animale e vegetale), la ricotta (simbolo di abbondanza), lo zucchero (per celebrare il canto ammaliante della sirena) , le spezie (omaggio di tutti i popoli) e le uova (simbolo di fertilità).
Fu proprio la sirena a rendere questi omaggi agli dei, che sorpresi dal gesto, mescolarono tutti gli ingredienti creando la pastiera.
Si narra anche che l’inimitabile dessert fece ridere Maria Teresa D’Austria. La moglie di Ferdinando II di Borbone, non era solita a sorridere, ma lo fece proprio quando assaggiò, per la prima volta, la pastiera, tanto che il Re esclamò: “Ora dovrò attendere un’altra Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.
Da leggenda a realtà
Quello che è certo è che la ricetta originale è nata in un convento a San Gregorio Armeno, grazie alle monache di clausura. Brave e abilissime in cucina, sussurrando preghiere, hanno mescolato gli ingredienti simbolo della resurrezione, e i fiori d’arancio del giardino del convento.
La tradizione vuole che si prepari il Giovedì Santo, e può essere conservata per almeno 10 giorni.
La preparazione richiede una specifica ritualità familiare, che ormai, ha preso piede anche nel resto d’Italia, e che le ha consentito di essere destagionalizzata.

La pastiera realizzata dalla nostra Annamaria Martinisi
Il rito della pastiera
Si prende in considerazione la Settimana Santa, si comincia di giovedì, con l’impasto per la frolla e del grano, che richiede lunghe ore di lentissima cottura.
Il venerdì è la volta del ripieno a base di grano cotto il giorno prima, di ricotta, (c’è chi aggiunge qualche cucchiaio di crema pasticciera per renderlo più avvolgente), ed infine fiori d’arancio e canditi.
Il sabato la si lascia riposare, per poi essere gustata la domenica di Pasqua.
Attenzione, badate bene, se per il ripieno può essere concessa una certa libertà di scelta, a seconda del gusto personale, la stessa leggerezza non può assolutamente applicarsi in merito al numero delle strisce, per la quale si deve seguire tassativamente una regola precisa ed incontrovertibile: quella delle SETTE strisce. (Anche perché, altrimenti, la si dovrebbe chiamare crostata, e non più pastiera).
LA REGOLE DELLE SETTE STRISCE: a ricoprire il ripieno devono essere presenti solo sette strisce, tre in un verso e quattro nell’altro per formare rombi perfetti; propriamente sette come i quartieri del centro storico di Napoli, i tre Decumani (superiore, maggiore e inferiore) e i quattro Cardini (i vicoli) della città antica.
Buona Pastiera a tutti!
(nella foto copertina un momento della manifestazione “Sua Maestà la Pastiera” svoltasi a Napoli)