In una realtà ridondante di sfarzo e sovraccarico, il suo è stato un personaggio che ci farà senz’altro rimpiangere il calcio commentato in totale assenza di orpelli, effetti speciali e retorica. Un giornalista sportivo di altri tempi, quelli concentrati esclusivamente sulle partite e non sulle innumerevoli direttive degli addetti stampa, sponsor e agenti invasivi e invadenti.
Bruno Pizzul rimarrà per sempre la voce competente, rigorosa, brillante e soprattutto umana, capace di narrare il nostro calcio con l’arte della gentilezza e del sentimento, come un affresco straordinario, e di appartenenza, del nostro Paese.
Scomparso all’età di 86 anni, ci lascia un uomo gentile, dal cuore nobile e dall’innata professionalità. Nato a Udine l’8 marzo del 1938, il giovane Bruno inizia ad appassionarsi al pallone sferrando i primi calci nella squadra parrocchiale di Cormons, la Cormonese, passando successivamente, alla Pro Gorizia.
Viene assunto in Rai nel 1969 e l’anno seguente commenta la sua prima partita: Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia.
La sua voce diventa quella della Nazionale, con la Coppa del Mondo nel 1986, e da quel momento è stato il telecronista delle gare degli Azzurri in occasione di ben cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei, congedandosi nell’agosto 2002, con l’incontro Italia-Slovenia 0-1.
L’esordio “ritardatario” di Bruno Pizzul
L’8 aprile 1970 il giornalista di Udine commenta la sua prima partita: Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia disputatasi sul campo neutro di Como. La sua telecronaca inizia a partire dal 16esimo minuto perché arrivato in ritardo. La colpa? Di Beppe Viola.
Pizzul svela che era stato assunto da poco dalla Rai, e l’emittente aveva messo a sua disposizione un’auto per raggiungere Como, e aveva pianificato la partenza per le ore 10.30 da Milano. Il calcio d’inizio era previsto per le ore 15 e poco prima di partire, incontra proprio Beppe Viola che, visto l’orario, lo avrebbe accompagnato lui in persona. Ma non avevano fatto i conti con “la Brianza bianconera che andava allo stadio”, quindi fecero ritardo.
La prima finale di una competizione internazionale che viene raccontata dalla sua voce è quella del campionato europeo del 1972 a Bruxelles, con la vittoria della Germania Ovest sull’URSS per 3-0.
Da lì gli viene affidato l’incarico di telecronista delle partite della Nazionale.
Bruno Pizzul è ufficialmente la voce dei Mondiali 1990. Segue gli Azzurri in sei delle sue sette partite, saltando la finale 3° posto di Bari contro l’Inghilterra a causa dell’impegno, il giorno successivo, nella finale per la Coppa tra Germania e Argentina.
Ed ancora, indimenticabile l’evento all’Heysel; un momento tragico dove il 29 maggio 1985 Pizzul racconta la telecronaca più difficile della sua vita segnata dalla drammatica finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, segnata dai 39 morti dell’Heysel.
Non solo giornalismo, ma anche un calciatore mancato e nonno di 11 nipoti.
Se Bruno Pizzul ha saputo raccontare il calcio in modo così appassionato e travolgente è perché lui, questo sport, l’ha praticato davvero. Prima di passare alla telecronaca, infatti, ha marcato anche il grande Omar Sivori.
Con la moglie Maria hanno avuto tre figli, Fabio, giornalista ed ex consigliere regionale della Lombardia, Silvia, Insegnante di matematica e scienze a Milano, e Anna, assistente sociale. Ha avuto anche 11 nipoti. Praticamente anche in famiglia, i numeri facevano ripensare esattamente ad una squadra di calcio.
E come urlava lui dai microfoni: Attenzione! Bruno non ti dimenticheremo mai.