In questi giorni stanno spuntando sui social foto di gente arrampicata sui balconi di un palazzo o aggrappati alla balaustra di una tromba delle scale che manco Spider Man…
No, non è una stupida moda, ma l’incredibile mostra esperienziale di Leandro Erlich, la sua prima monografia in Europa ospitata dal Palazzo Reale di Milano fino al prossimo 4 ottobre.
Artista argentino, nato a Buenos Aires nel 1973, Erlich crea grandi installazioni con cui il pubblico si relaziona e interagisce, diventando esso stesso l’opera d’arte. Le sue opere sono uniche e rappresentano un’assoluta novità nel mondo dell’arte e uniscono creatività, visione, emozione e divertimento.
Ne sono un esempio anche case sradicate e sospese in aria, ascensori che non portano da nessuna parte, scale mobili aggrovigliate come fossero fili di un gomitolo, sculture spiazzanti e surreali, video che sovvertono la normalità.
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Sono tutti elementi che ci raccontano qualcosa di ordinario in un contesto stra-ordinario, dove tutto è diverso da quello che sembra, dove si perde il senso della realtà e la percezione dello spazio.
I lavori di Erlich sono frutto di una ricerca artistica profonda e concettuale, che sfocia nel paradosso e che ha già conquistato milioni di visitatori nel mondo: 600.000 a Tokyo e 300.000 a Buenos Aires, ovunque il pubblico è accorso alle sue mostre, caratterizzate da installazioni site specific molto complesse da realizzare e quindi molto rare.
Il suo lavoro esplora le basi percettive della realtà e la nostra capacità di interrogare queste stesse basi attraverso un quadro visivo. L’architettura del quotidiano è un tema ricorrente nell’arte di Erlich, che mira a creare un dialogo tra ciò che crediamo e ciò che vediamo, così come cerca di colmare la distanza tra lo spazio del museo e l’esperienza quotidiana.
La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia, in collaborazione con lo Studio Erlich, con la curatela di Francesco Stocchi.
Sicuramente non sarà un termine che usano i grandi critici d’arte, ma questa mostra possiamo definirla una figata pazzesca!