Quando nel 2004 Steven Spielberg girò il film “The Terminal”, quasi nessuno sapeva che alle spalle c’era una storia vera.
Il regista per una somma di 250.000 dollari acquistò i diritti da un uomo che diceva di chiamarsi Merhan Karimi Nasseri di nazionalità iraniana, che viveva da anni nel terminal 1 dell’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi. Un uomo senza storia, senza tempo a poi addirittura senza nome dopo che ne aveva cambiati tanti nel corso della sua vita di peripezie e vicissitudini.
Forse neanche Kafka, dopo averlo conosciuto, avrebbe imbastito una narrazione magistrale di quella vita. Questo strano personaggio apolide più di una volta, con l’aiuto di Consolati ed Ambasciate sarebbe potuto uscire da quella situazione a dir poco accettabile sul piano logico ma trovava sempre degli escamotages che lo tenevano ancorato a quel luogo sicuro, riconducibile al famoso Terminal 1.
È proprio lì che scrive il suo diario, è lì che riceve lettere da tutto il mondo, è lì che parla con i turisti che transitano dall’aeroporto che gli regalano vestiti e libri, tutti incuriositi della sua storia stravagante, è lì che parla con i giornalisti, è in quel posto circoscritto che il mondo conosce tutto di lui. 18 anni di finta prigione.
Quando nel 1999 la vicenda sembrava defluire in un epilogo felice, un avvocato di nome Christian Bourget, che aveva preso a cuore la sua storia, accompagnò il Nasseri in tribunale dove avrebbe finalmente ritirato i documenti che gli avrebbero restituito l’identità e la libertà. Al Tribunale infatti mancava solo la sua firma. L’uomo si rifiuta di firmare affermando di non essere iraniano e di non chiamarsi Nasseri bensì Sir Alfred Merhan di padre svedese e madre danese.
Che dire! Un uomo che nonostante tutto vuole rimanere libero così com’è, senza vincoli di patria, di famiglia, di nome, libero di vivere su una panchina rossa di un aeroporto, consapevole di essere un unico protagonista speciale di questo mondo.
La sua sicurezza sta proprio in quella libertà declinata in modo diverso, inconcepibile per le nostre logiche. Una strana libertà incosciente che lo rende scevro da ogni aggancio con la vita reale. Ma non è finita qui. L’uomo viene ricoverato in ospedale per una malattia sconosciuta, quando esce, si sceglie una nuova vita, forse un nuovo nome e si immerge nel caleidoscopio molteplice di nuove storie fantastiche.
