Non sempre i giovani fuggono verso Paesi dove trovano una più adeguata collocazione in riferimento al proprio titolo di studio e condizioni lavorative migliori rispetto al loro territorio. C’è chi preferisce prendere la zappa e coltivare i campi per dare vita a colture storiche del loro territorio.
È la storia di tre talenti che, dopo aver conseguito la laurea in materie economiche, hanno scelto di scrivere il loro futuro laddove sono nati, a Palomonte, nell’Alta Valle del Sele, in provincia di Salerno, e preferito investire le loro conoscenze di studio nel settore primario salvaguardando gli ecotipi antichi esistenti, allontanando il loro rischio di estinzione che avrebbero impoverito quelle aree rurali collinari coltivate un tempo dai loro padri.
È così che i fratelli Claudio e Mirella Iuorio e Anna Prizio, decidono qualche anno fa di sfruttare la straordinaria biodiversità del luogo, un’eredità trasmessa con il lavoro dei loro padri contadini, dando le gambe ad un’idea coltivata durante gli studi universitari: dare vita ad un’impresa votata ai prodotti della terra e al loro export.
Le difficoltà non sono mancate. Fare impresa è oggi difficile, farlo poi alle prese con la pandemia lo è stato ancora di più. E se lavorare la terra in collina è stata ed è dura, la difficoltà maggiore è superare la burocrazia. Claudio, Mirella e Anna non si però mai scoraggiati, anche quando hanno atteso sei mesi per un certificato richiesto per l’apertura di un laboratorio.
«Se fino a poco tempo fa il lavoro del contadino era visto come un mestiere duro, svilente, e poco gratificante, questa prospettiva per noi sembra essersi ribaltata», commenta Claudio che sprona i giovani a mettersi in proprio.
«Fatelo con entusiasmo, con un supporto adeguato e conoscendo quello che il mercato richiede. Ben sapendo che l’avvio di un’impresa comporterà alcuni investimenti iniziali e capacità di affrontare le spese correnti prima di realizzare il profitto. Una volta realizzato il prodotto, avreste la stessa gratificazione con un impiego statale?».
Oggi i tre giovani imprenditori lavorano i loro campi a 600 metri di altitudine con il “buon senso” ereditato prima dai loro nonni, poi dai loro padri: non utilizzano prodotti chimici, diserbanti, né trattamenti preventivi e svolgono il loro lavoro senza l’aiuto di mezzi meccanici.
Un’attenzione alla terra madre che ha come risultato produzioni non intensive, nel segno della qualità ma che hanno consentito alla loro azienda agricola, Casa Iuorio, di essere premiata dal mercato e di ampliare l’area coltivabile fino a trasformare in conserve vegetali i prodotti della terra. Quella ereditata dai loro nonni.
Ed oggi, l’impresa ha anche un marchio per l’export, Silarus, che è presente a tutte le fiere nazionali ed estere.
Eduardo Cagnazzi