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Un bacio, insomma, che cos’è mai un bacio? Un apostrofo rosa fra le parole “Gomorra”. E quello che un po’ tutti abbiamo pensato guardando la cover story dell’ultimo numero di Rolling Stone che mostra il bacio appassionato tra Marco D’Amore e Salvatore Esposito che interpretano i personaggi, “fratelli” e rivali, Ciro Di Marzio e Genny Savastano, nella serie cult di Sky Original.
Un bacio che vuole significare il profondo rapporto tra i due e una presa di distanza dal “machismo” che, ammette D’Amore, la stessa serie ha contribuito negli anni ad alimentare. Un bacio pieno di significati che entrambi gli attori hanno provato a spiegare nella conferenza stampa di presentazione in anteprima delle prime due puntate dell’ultima stagione, un bacio che racchiude tutto ciò che ha rappresentato per i due l’esperienza vissuta sul set. Un cammino comune, una crescita artistica e anche umana, di amicizia anche oltre il ciak.
La loro relazione è sempre stata fra le più intense e appassionanti che il mondo della serialità ricordi. Ciro Di Marzio e Genny Savastano, l’orfano Immortale e il principe di Secondigliano, per quattro stagioni, sono stati uniti come fratelli e si sono fatti la guerra come nemici giurati, si sono amati e si sono quasi uccisi. Il loro rapporto tormentato è andato di pari passo col maturare dell’amicizia fra i due rispettivi attori, che a suggellare la fine dell’esperienza che li ha fatti conoscere e che ha cambiato la loro vita in quale modo potevano “congedarsi” se non con un bacio?
Ma dietro al sipario che sarà inevitabilmente calato sulla serie, qualsiasi sia il destino dei protagonisti, Gomorra lascia una importante “eredità” a noi spettatori. Ha saputo innanzitutto cambiare per sempre il linguaggio delle serie italiane. Un fenomeno generazionale che ha avuto lo stesso impatto culturale del matrimonio tra il Principe William e la borghese Kate. Serie divisiva – e per questo vincente – tra coloro che la celebrano ed altri che tutt’oggi la condannano, forse addirittura la censurano. Splendida la sceneggiatura, splendide le riprese, belli i dialoghi, eccezionale la recitazione “in lingua” degli attori partenopei, tutti o quasi lanciati per la prima volta sul grande palcoscenico.
Televisivamente parlando, è una serie che ha pochi eguali. Gomorra ha fatto una scelta stilistica e narrativa discutibile, raccontando la camorra non da un punto di vista storico, come è stato fatto con Romanzo criminale, né dal punto di vista delle indagini della giustizia con una narrazione interna al mondo della malavita, come è stato fatto con Narcos; Gomorra non è neppure il “romanzo” del mondo malavitoso visto dal suo interno, come per I Soprano. Gomorra rappresenta la trasposizione televisiva delle guerre di camorra legate alla faida tra gli scissionisti e i clan storici di Secondigliano.
Una guerra che non ha vincitori, ma solo vinti. I vari Conte, O’ Track, Il Principe, O’ Mulatt’, Deborah e Maria Rita Di Marzio, Lelluccio, Don Pietro Savastano, Scianel, Patrizia: perdenti tutti morti ammazzati. Gomorra ribadisce il concetto che la criminalità è un mondo marcio, sporco, pieno di sangue e atrocità difficili da immaginare, mostrandocelo così semplicemente crudo.
Ecco perché ci piace pensare che il gesto dei due protagonisti in copertina, da nemici a complici stia a significare che con un bacio si assolve tutto. “L’ammore fa cchiù muorte de pistole”. L’amore uccide più delle pistole, twitta Marco D’Amore. Come dargli torto?

Salvatore Esposito e Marco D’Amore sulla digital cover di ‘Rolling Stone’ per ‘Gomorra – Stagione finale’. Foto: Marco Ghidelli. Direzione artistica: LeftLoft. (Wooow Mag)