Produrre energia elettrica sfruttando l’effetto delle onde. Questa la sfida del dispositivo PeWEC – Pendulum Wave Energy Converter, messo a punto da ENEA e Politecnico di Torino.
Un convertitore adatto per il Mediterraneo, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza, e ideale per le tante piccole isole italiane non autosufficienti energeticamente, dove la fornitura di elettricità è garantita da costose e inquinanti centrali a gasolio.
È simile a uno scafo di forma semicircolare da posizionare in mare aperto, soprattutto lungo le coste “più energetiche” del nostro mare, come ad esempio la costa occidentale della Sardegna e il Canale di Sicilia. Il dispositivo da 525kW sarà lungo 15 metri, largo 23 e alto 7,5 per un peso comprensivo di zavorra di oltre 1.000 tonnellate.
“Nel nostro Paese si contano più di 50 isole minori con una popolazione media di circa 2.500 abitanti, un consumo medio pro-capite di 6 kWh/g e un costo dell’energia molto elevato. Una decina di questi dispositivi potrebbero produrre energia elettrica per un paese di 3mila abitanti, contribuendo in modo significativo a contrastare i fenomeni di inquinamento e di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde che si infrangono sulla costa, senza impattare in maniera significativa su flora e fauna marine”, spiega Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio ENEA di Modellistica Climatica e Impatti.
L’installazione del PEWEC può arrivare a soddisfare del tutto il fabbisogno energetico di isole medio-piccole che basano il proprio approvvigionamento di energia su impianti a combustibili fossili. Queste tecnologie sono implementabili non soltanto nella fornitura di energia elettrica per usi domestici o civili, ma anche industriali (ad esempio nell’acquacoltura). L’energia elettrica negli impianti di acquacoltura è sempre maggiormente utilizzata per i fini di distribuzione del cibo, ricircolo dell’acqua/ossigenazione, illuminazione. Il costo dell’energia elettrica dovuto al solo gasolio per la produzione del pesce negli impianti di acquacoltura marina è valutato al 2018 nel range 0,4-0,6 €/kWh e corrispondente al 19% – 45% del valore di vendita all’ingrosso del pesce prodotto. L’impatto di un sistema come il PEWEC permette la produzione eco-compatibile di energia in loco in un’ottica di green fish farming.
Ma per lo sviluppo dell’energia dal mare, il “Working Group Ocean Energy” del SET Plan, presieduto da ENEA dal 2021, ha messo a punto una roadmap con due obiettivi temporali: il 2025 che segna il traguardo dello sviluppo di dispositivi operativi che abbiano superato la fase di dimostrazione tecnica e finanziaria; il 2030 per raggiungere la fase di installazione su larga scala con costi vicini a quelli commerciali. Il documento ‘SET Plan Ocean Energy Implementation Plan’ offre anche una stima degli investimenti necessari per far crescere la posizione da leader dell’Europa sull’energia dal mare e rafforzare la base tecnologica industriale europea, creando così crescita economica e nuovi posti di lavoro: 1 miliardo di euro tra il 2021 e il 2025, di cui il 33% da fondi privati, il 40% dai programmi regionali e nazionali, il restante 27% dai fondi europei per l’innovazione. In base ai dati del secondo rapporto OceanSET, nel 2019 in Europa l’energia dal mare ha ricevuto dai programmi di ricerca e sviluppo regionali e nazionali 42,7 milioni di euro di finanziamenti. Il Regno Unito ha stanziato il budget più alto per l’Ocean Energy con 22 milioni di euro, mentre la Francia è stata la seconda con 5,8 milioni di euro. I fondi di Italia, Spagna, Svezia e Irlanda si aggirano tra i 2 milioni di euro e i 4,7 milioni di euro; la Germania ha stanziato uno dei budget più bassi pari a 1 milione di euro. Invece, Olanda, Belgio, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Cipro non hanno budget nel 2019 per l’energia dal mare. “Per essere in linea con gli obiettivi Ue sarebbe necessario raddoppiare il budget complessivo degli Stati Membri in questo settore”, sottolinea Sannino.
A livello tecnologico, sono 127 i progetti di energia dal mare finanziati, di cui quasi il 60% dispositivi per l’energia dalle onde; di questi progetti, 25 hanno un livello di maturità tecnologica TRL 7 o superiore, quindi molto vicini al salto commerciale.
L’Unione europea punta al 10% di energia elettrica dal mare al 2050 che potrebbe soddisfare un bacino di utenza di 94 milioni di famiglie l’anno, con notevoli benefici a livello ambientale (234 milioni di tonnellate di CO2 evitate), di dipendenza energetica della Ue (con un taglio di 266 miliardi di euro sulla ‘bolletta’ europea) e di occupazione con almeno 500mila posti di lavoro in più.
In Italia è presente un Cluster tecnologico, denominato BIG (Blue Italian Growth), che ha l’obbiettivo di mettere a sistema le tante competenze italiane in tematiche offshore; una delle traiettorie tecnologiche del Cluster BIG è appunto incentrata sulle energie rinnovabili marine, per cui il prossimo 24-25 febbraio, a Roma, si terrà un workshop collaborativo per aggiornare il piano d’azione nazionale che favorirà il raggiungimento degli obbiettivi comunitari sull’energia marina.