È il ponte tibetano più lungo ed imponente al mondo nel suo genere: 586 metri di lunghezza e di camminata, 80 d’altezza, a mezz’aria su un canyon attraversato dal torrente Raganello. Ed è quello che collega due parchi: il Pollino con quello dell’Appennino Lucano-Val d’Agri Lagonegrese. Non a caso si chiama “Ponte tra i due Parchi”.
Un’opera ingegneristica imponente con un sistema di controllo degli accessi automatizzato costituito da quattro funi portanti da 35 mm, due funi di sicurezza da 20 mm, 1160 gradini sul vuoto in grigliato di acciaio zincato, 5500 metri di cavi in acciaio tra strutture ed ancoraggi, oltre 24mila chilogrammi di acciaio tra gradini, portali di irrigidimento e piastre di ancoraggio, con un potenziale flusso giornaliero di 400 passaggi.
Tra panorami mozzafiato e scorci panoramici inesplorati il ponte pedonale che fa da cornice a Castelsaraceno, uno dei borghi più suggestivi della Basilicata, è la destinazione perfetta per una full immersion nella natura, un’esperienza ideale ed emozionante per chi vuole staccare la spina dallo stress ed esplorare dall’alto l’incontaminato e selvaggio entroterra lucano.
Una passeggiata sospesa per i visitatori che abbiano però una statura superiore ai 120 centimetri e si trovino in uno stato di salute psicofisica buona e non soffrano di vertigini. Una passeggiata da accoppiare a giugno al matrimonio tra un tronco di faggio e la cima di un pino durante la festa patronale di Sant’Antonio a Castelsaraceno; un’unione, la “ndenna” e la “cunocchia”, sancita davanti a pochi “testimoni” a simbolo dell’intimità del momento. La festa inizia la prima domenica di giugno con gli uomini che guidano i loro trattori nel Parco nazionale del Pollino per individuare il faggio più bello che sarà poi tagliato con le motoseghe.
Non meno onore, tra canti, balli e lauti pranzi, è riservato alla “Cunocchia”, scelta e tagliata la seconda domenica di giugno sul monte Armizzone. In occasione de la ‘ndenna e la cunocchia, nell’uno e nell’altro caso si tira a sorte su chi avrà l’onore di trasportare al cospetto di sant’Antonio rispettivamente lo “sposo” e la “sposa”.
È così che, la terza domenica di giugno, nella piazzetta dedicata al Santo, sacro e profano si fondono nella magia della fede e, attraverso manovre faticose e affascinanti, la chioma è collocata sulla parte superiore del faggio, dando vita ad un gigante che emerge dalla terra fino a quando in autunno perderà le foglie e verrà abbattuto.