Tutto parte da Panzano nel bel mezzo del Chianti tra i territori di Firenze e Siena. Un borgo tipicamente medievale, dove profumi ed aromi invadono strade e la piazza principale del paese dove Dario Cecchini ha la sua storica macelleria da otto generazioni, tramandata di padre in figlio.
Qui Dario, definito dal New York Times “il macellaio più famoso al mondo”, o “macellaio dal naso alla coda”, come ama definirsi, ha fatto storia, un’esperienza “lunga duecento anni”, in parte svelata dal documentario di Netflix, Chef’s Table, che gli ha dedicato una puntata mentre cucina le proprie fiorentine ai clienti decantando la Divina Commedia.
Dario Cecchini ha un sacro rispetto per la vita degli animali. Infatti, è tra i fautori del pensiero “too good to waste“, ovvero l’utilizzo dell’animale nella sua interezza, senza sprecarne alcun pezzo. In un’epoca in cui il consumo di carne sta diventando sempre più un tema scottante, ribadisce l’importanza di avere rispetto per l’animale, facendo in modo che nessuna parte vada buttata.
Non un consumo eccessivo, ma consapevole. Non un elogio della carne bovina in generale, neppure della razza specifica dell’animale e del taglio. Un elogio, insomma, della “ciccia”, come la chiama Dario. Seguendo il concetto di mangiare la carne in momenti di festa e di condivisione, per rendere omaggio alla vita dell’animale, senza sprecarne nessuna parte, Dario ha aperto nel corso degli anni tre ristoranti, Solociccia, l’Officina della Bistecca e il Dario Doc.
Anche il menu è molto semplice. Dario propone due proposte di panini: il Cecchini, prodotto tuttavia da un panificio bresciano seguendo la rosetta tipica di Ponzano senza sale, e quello con la pancia, più uno speciale che cambia a seconda della stagione. Solo queste proposte che consentono alla macelleria di abbattere i costi fissi.
A beneficiarne sia la macelleria che la clientela tramite il self-service. Anche lo stile “genuino” di Dario si riflette in tutta la proposta gastronomica: nel suo locale niente coca cola, ma solo bevande che parlino di cultura italiana. E poi due proposte identitarie della sua terra, in uno stile “bischero”: pappa al pomodoro, un classico toscano, nel rispetto dei vegetariani, e gli sticks fatti con farina di ceci, accompagnati, se si gradisce, con una mostarda appositamente preparata. Idealmente dovrebbero sostituire le patatine fritte e il ketchup, grande classico del fast food internazionale. In realtà lo migliorano.
La filosofia è quella di mangiare carne con pane, non l’inverso. “La carne la devi sentire e vedere”, è il claim di Dario che punta a valorizzare i pezzi dell’animale, non gli ingredienti in aggiunta.
Il panino Cecchini è l’unico con l’hamburger, 200g di carne scelta in pieno stile “Cecchini style”, ovvero carne proveniente da bovini allevati nel migliore dei modi, cucinata alla griglia a carbone.
L’altra proposta è il panino con la pancia di manzo: sapore più delicato rispetto all’hamburger, accompagnata soltanto dalla salsa, la Darionese, un’emulsione di prezzemolo e aglio che, nel panino Cecchini, fa invece compagnia alle cipolle caramellate e allo speciale ketchup preparato da Curtice Brothers. Tutto bio, tutto rigorosamente artigianale.
Nel 2019 il progetto di Dario si allarga ed esce dal mondo della ristorazione “classica”, avvicinandosi a una risposta più veloce, più moderna: nasce così il primo Food Truck Dario Cecchini sul retro della sua Antica Macelleria. Due anni dopo, dopo una lunga maturazione strategica con la famiglia de Rosa-Moretti, Dario decide di aprire il suo primo fast food stabile, quello che lui chiama “Bottega”, ad Erbusco in Franciacorta, dove nella stessa proprietà sorgerà il ristorante Quintale by Dario Cecchini.
La scelta è dettata anche per iniziare a sondare il terreno sul possibile prossimo passo del brand: la location bresciana, d’altronde, è la stessa vicino all’Albereta, relais che non ha bisogno di presentazioni. Cecchini Panini si inserisce in questa cornice di lusso e natura, colmando quel bisogno di “semplicità” e comunità. Persino il design della Bottega “garba e dà gioia”, secondo Dario: righe bianche e rosse, mattonelle a vista. Come i colori del gonfalone e della stazione dei Lorena.
L’obiettivo è quello di portare un cambiamento graduale e continuo nel settore della ristorazione veloce e delle esperienze gastro-carnivore di qualità. In poche parole, lasciar parlare la materia prima, l’animale anche in Franciacorta, affinchè diventi una imperdibile meta golosa non solo per i vini ma anche per l’alta cucina e la carne .