Dagli scarti dei gusci di conchiglie, vongole, ostriche e cozze possono nascere i materiali da costruzione. È il risultato a cui sono giunte alcune startup che intendono recuperare i bivalvi, che non sono biodegradabili ed hanno costi di smaltimento altissimi, e dargli nuova vita per farne mattoni e rivestimenti per abitazioni. Si tratta di conchiglie ricche di carbonato di calcio, noto come calcare, un ingrediente chiave del calcestruzzo.
L’obiettivo di queste startup è realizzare una forma di economia circolare con progetti imprenditoriali innovativi che possano avere un impatto dal punto di vista sociale. Per questo, per esempio, non stupisce che dietro a “Oyster2Life”, un progetto che parte dai gusci delle ostriche, ci sia un gruppo di universitari del Politecnico di Milano.
“Oyster2Life” si pone nel contesto di Enactus, network globale di università che si occupano di ideare e sviluppare progetti imprenditoriali e di innovazione che possano avere un impatto sul mondo, dal punto di vista ambientale e sociale.
L’obiettivo è quello di utilizzare i gusci delle ostriche che in questo momento non si sa come smaltire e che creano problemi sia ai centri di produzione che di smaltimento. “Noi invece recuperiamo i gusci, li trattiamo con il calore, li trituriamo e costruiamo dei reef, strutture simili alla barriera corallina, che si possono inserire in acqua e che vanno a ricreare un ecosistema nel quale possono trovare casa altri pesci o una nursery naturale larve di ostriche”, spiegano i promotori dell’iniziativa. Dopo aver condotto approfondite ricerche sull’industria dei molluschi, è emerso infatti che in Italia la maggior parte delle conchiglie scartate proviene da centri di depurazione di bivalvi che però portano ad uno spreco di risorse. Da qui l’idea di trasformarli in risorsa in grado di generale profitti, secondo l’ottica dell’economia circolare.
Anche Wast3D Shells, una startup di Taranto, vincitrice del premio Bluegreen, si sta occupando del recupero dei gusci delle cozze per trasformarli in prodotti utili dell’edilizia tramite una stampante 3D. “L’obiettivo è recuperare il guscio della cozza e trasformarlo in un prodotto altamente personalizzabile. Il primo utilizzo a cui abbiamo pensato è la bioedilizia. Le cozze possono facilmente diventare mattoni forati o intere pareti, dipende solo dalla dimensione della stampante. In realtà non c’è limite alla fantasia, il materiale realizzato con i gusci di cozza può essere usato nel design per stampare di tutto: tavoli, sedie, piccoli oggetti”, sostengono Michele De Siati, Matteo Peluso ed Angelo Iaia, i tre startupper dell’iniziativa. Insomma, della cozza non si butta via niente. Come il maiale, nel segno dell’economia circolare.