Oggi non è un giorno come tanti, e probabilmente non lo sarà mai. Il 19 febbraio del 1953 in provincia di Napoli, precisamente a San Giorgio a Cremano, nasceva Massimo Troisi, l’ultima maschera napoletana, arrivato a sentir leggere il suo nome, durante la notte più importante per un attore, quella degli Oscar, purtroppo, solo dal cielo.
Massimo Troisi, per Napoli, ancora oggi resta un supereroe. Il suo nemico, l’unico capace di sconfiggerlo, si chiamava Tempo. Quello stesso tempo che, coalizzandosi con la sua malattia, l’ha portato via dalle nostre vite a 41 anni, solo dodici ore dopo la fine delle riprese del “Postino”, il suo ultimo film, il più acclamato dalla critica.
La morte l’ha trovato e l’ha fermato, ma non gli ha impedito di essere portavoce della comicità prima napoletana e poi nazionale, al pari di Eduardo e Totò. L’affetto che il mondo prova per Massimo Troisi, è così forte che, ogni ricorrenza che lo ricorda, sembra che venga a mancare di nuovo, senza andarsene mai.
In questo periodo storico particolare, chi di noi non ha provato ad immaginare una delle sue interviste, diventate delle pietre miliari della comicità, sui temi più caldi? Massimo Troisi era capace di parlare di tutto, senza parlare di niente. Con la sua ironia elegante e fuori da ogni schema, riusciva a colpire duro con delle carezze delicate.
Troisi aveva giocato spesso con la morte. Lui stesso aveva immaginato una vita senza di lui, attraverso film come “No grazie, il caffè mi rende nervoso”, dove interpreta sé stesso e scompare prematuramente, o anche in “Morto Troisi, Viva Troisi” e per finire, il suo Mario Ruoppolo, il suo ultimo ruolo.
Caro Massimo, non ci resta che ricordarti. Farti conoscere a chi, per problemi anagrafici, non ha fatto in tempo, che potrà contare sulla memoria di chi ti ha vissuto, tramandato, da chi ti ha permesso di essere ammirato e addirittura studiato. Un motivo per iniziare. Ci sarà sempre un modo per (ri)viverti, di ascoltarti, di imparare. Perché, caro Massimo, noi ricominceremo sempre da te.
Roberto Benigni aveva ragione: “Per lui non vale il detto che è del Papa. Morto un Troisi, non se ne fa un altro”.