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C’è un popolo che ha dentro più desiderio di autonomia dei padani e dei catalani. Si chiamano seborghini e hanno tutto quello di cui una nazione ha bisogno per dirsi tale (o quasi tutti).
Hanno una loro regina, la principessa Nina I, il nome regale di Nina Dobler Menegatto. Hanno una loro moneta, il luigino, che corrisponde più o meno a sei dollari, calcolati sulla Borsa di New York.
E ancora, ha una sua forza di polizia, una Guardia Nazionale, una sua squadra di calcio, un inno nazionale, e perfino alcune sedi di rappresentanza negli Stati Uniti, Argentina, India, Costa d’Avorio e una anche nel Vecchio Continente, in Germania.
Seborga e “il giogo italiano
Sono 300 gli abitanti della “nazione” in provincia di Imperia. Trecento abitanti che condividono un obiettivo comune: liberarsi dal “giogo italiano”. Lo hanno sancito in un referendum che è stato respinto dalla Corte Costituzionale la quale ha dichiarato inammissibili le rivendicazioni autonomiste dei seborghini.
Insomma, questa indipendenza “ non s’ha da fare” secondo lo Stato italiano, anche se pare che i seborghini non si siano lasciati intimidire da quello che ritengono un intoppo burocratico, tanto che hanno già presentato ricorsi alla Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo e al Tribunale dell’Aja.
All’origine una somma non pagata
Perché i seborghini considerano illeggittima l’annessione allo Stato italiano? Tracciando la storia di Seborga, ci sono tre tappe che sono decisive per comprenderlo. La prima risale al 954 e Seborga diventare per la prima volta indipendente con una donazione fatta da un nobile, il Conte Guidone di Ventimiglia, a monaci benedettini che vivevano nell’Abbazia di Lerino. La seconda vede Seborga trasformarsi in un principato. Nella terza, la tappa più controversa, vede il principato venduto ai Savoia, nello specifico a Vittorio Amedeo II, per 147mila lire sabaude.
Peccato che questa cifra non sia stata mai pagato e la compravendita mai registrata. Da questo – e qui fate la massima attenzione – ne consegue che non essendo Seborga parte del Regno di Sardegna, è nulla anche la sua annessione al Regno d’Italia, che per gli appassionati di storia avviene nel 1961. Non fa una piega, giusto? Ecco perché i seborghini dichiarano “unilaterale e illegittima” l’annessione all’Italia.
Intanto, ci sono i girasoli
In attesa che Seborga diventi uno Stato indipendente, come sperano i suoi abitanti, noi possiamo approfittare di non essere ancora obbligati a presentare il passaporto per visitare questo piccolo gioiello che è considerato una delle capitali mondiali della mimosa e che gode di una posizione panoramica privilegiata, in mezzo a tre Stati (se si esclude Seborga) l’Italia, la Francia e il Principato di Monaco.